il Giappone in Italia
Lezione 4
Ed eccoci arrivati alla quarta lezione.
La volta scorsa abbiamo introdotto i pronomi personali, che possono subire variazioni a seconda del tipo di linguaggio utilizzato (formale, colloquiale, maschile, femminile) e con la possibilità di dire la stessa cosa in maniera leggermente diversa. Qui di seguito vi elenco di nuovo i pronomi personali come li useremo da ora in poi, utilizzando un linguaggio “standard”, fino a che poi non ci addentreremo meglio nelle varie declinazioni della lingua:
IO = WATASHI
TU = ANATA
LUI = KARE
LEI = KANOJO
NOI = WATASHI TACHI
VOI = ANATA GATA
LORO (maschi o maschi e femmine insieme) = KARE RA
LORO (solo femmine) = KANOJO TACHI
Un consiglio: quando vi rivolgete a qualcuno cercate di non utilizzare ANATA per dire “tu”, ma usate il nome della persona + SAN. ANATA in realtà è anche usato in famiglia o tra amici con un senso canzonatorio, quindi se devo dire ad una persona che ho appena conosciuto e che si chiama Yoko “questo libro (HON) è tuo?”, non dirò KORE WA ANATA NO HON DESU KA ma KORE WA YOKO SAN NO HON DESU KA
Ma in realtà anche ANATA va bene. Nessuno vi dirà nulla, ma se potete abituatevi a riferirvi ai vostri interlocutori chiamandoli con il nome + SAN. E’ un consiglio, tutto qui.
Nella frase precedente abbiamo introdotto una particella, KA, con la quale possiamo realizzare la forma interrogativa. Possiamo dire che corrisponde al nostro punto interrogativo: ? Quando dobbiamo formulare una domanda non dobbiamo far altro che aggiungere KA alla fine della frase.
Ma torniamo alla nostra presentazione. I convenevoli prendono il nome di AISATSU. Il presentarsi si traduce quindi con AISATSU O SURU, dove SURU potremmo appunto tradurlo come “fare” ed “O” è una particella che viene posta tra il soggetto e il verbo, ma che può anche essere omessa. Quindi traduciamo la frase come: “fare presentazione”, “presentarsi” (meglio ancora "salutare").
N.B. Come avevamo detto dirante lo studio degli hiragana il kana WO viene appunto letto O.
Ora, avendo introdotto la particella interrogativa e conoscendo la nuova parola NAN, possiamo avventurarci a chiedere a qualcuno il suo nome. NAN/NANI significa “cosa”, “quale”. Se vogliamo dunque chiedere al nostro interlocutore come si chiama, utilizzeremo questa formula:
ANATA NO NAMAE WA NAN DESU KA = qual è il tuo nome? come ti chiami?
A questo punto, sappiamo già come rispondere:
WATASHI NO NAMAE WA FLAVIO DESU
Buon pomeriggio si traduce invece con KONNICHI WA o anche KONCHI WA, in maniera amichevole ("chi" in giapponese si legge sempre come "ci" in italiano). A volte in alcuni testi per lo studio della lingua giapponese troverete la traduzione di KONNICHI WA come “ciao”, ma non è proprio così o anche si...più o meno.
KONBAN WA traduce invece “buona sera” ed OYASUMI (NASAI) “buona notte”.
E già che ci siamo, in quanto sento che state seguendo la cosa con passione (come no…) introduciamo anche questa formula che ci aiuterà molto nei rapporti interpersonali, per rompere il ghiaccio come si dice, o rompere altro nel caso la persona a cui ci rivolgiamo aveva altro da fare che sentirci farfugliare frasi sconnesse nella sua lingua madre ridotta a brandelli dalla nostra errata pronuncia:
(O)GENKI DESU KA = come va? come stai?
Ma per rispondere a tale domanda necessitiamo anche di sapere come si dice “si” o “no”. “Si” si traduce con HAI e “no” con ĪE.
In realtà rispondere in maniera affermativa si può fare anche in altri modi che potreste sentire in vece di HAI, come: HĀI, UN, UN UN, Ē, SŌ SŌ, HĀ. Stesso discorso per “no”, che potreste sentirlo espresso con: IE o ŪN.
Il suffisso O prima della domanda rende la stessa più gentile, più formale.
Se vogliamo rispondere che stiamo bene, utilizzeremo la forma:
(HAI) GENKI DESU = sto bene grazie, tutto ok
oppure: GENKI DESU ARIGATŌ (mi rifiuto di tradurre ARIGATŌ!! A tutto c’è un limite! lo sanno tutti cosa vuol dire!!!)
Se voglio invece dire che va “così così”, utilizzerò la forma: MĀMĀ DESU
Per dire che “non va poi così bene”, dirò: AMARI GENKI DEWA ARIMASEN
GENKI DEWA ARIMASEN traduce quindi: “non va bene”.
“Va male” si traduce con DAME DESU o SAIAKU DESU
Nota: spesso nel parlato DEWA viene accorciato in JA, e ARIMASEN diventa NAI. La frase precedente diverrà dunque: (AMARI) GENKI JA NAI
GENKI ? = come va? tutto ok?
(HAI, UN) GENKI = tutto ok, sto bene
GENKI JA NAI = non va bene (visto sopra)
Bene. Abbiamo quasi finito questa sezione. Vi chiedo ancora un po’ d’attenzione. C’è in realtà un altro modo per chiedere come va (l'ultimo giuro!!!) ed è:
CHŌSHI WA DŌ DESU KA o anche: CHŌSHI WA DŌ? = come va la tua salute? (il secondo modo è informale)
FATTO!!!! Abbiamo terminato!! E’ stato faticoso ma ora abbiamo proprio un quadro completo della cosa amici (amici de che? ma chi te conosce!! a buffone!!! dirà il solito simpaticone).
In alcuni corsi si introducono subito tutti i kana (hiragana e katakana), uno dopo l’altro, magari una decina al giorno finchè non sono tutti, ma io penso che questo sia un modo sbagliato di insegnare la cosa. Almeno per quella che è la mia esperienza. Si perde moltissimo tempo nello studio della scrittura base trascurando il colloquiale e si devono memorizzare davvero troppi simboli nuovi tutti in una volta. Io introdurrò i kana e anche qualche kanji in maniera graduale, sperando che la mia intuizione sia giusta, altrimenti mi preparerò a dover affrontare frotte di studenti impazziti che vorranno la mia pelle per farci un kimono o un involucro per il riso.
A sinistra potete vedere la A scritta in hiragana e di lato l'ordine esatto con il quale deve essere scritta e nell'ultimo riquadro la A accomunata ad un altro simbolo che vedremo nelle prossime lezioni (curiosi?). L’ordine di scrittura sia dei kana e ancor di più per i kanji non è casuale ma deve rispettare alcune regole ben precise.
Complicato? Non credo, dai. Provate a prendere un foglio bianco e a scrivere più volte questo simbolo, cercando di avvicinarvi il più possibile a quello qui sopra riportato. Io voi consiglierei per ora di scriverlo una decina di volte. Pronti? Via!!
Io intanto mi rilasso con una bella canzone di Kyari. Chi è Kyari? Chi è Kyari? Kyari è quella che...ma andate nella sezione J-music del sito, cacchio!!
Non siete emozionati? Un kanji!!!
私
ma cosa vorrà mai dire questo kanji? Ebbene, significa “io”, quindi WATASHI. Scrivere un kanji non è proprio semplice per chi non lo ha mai fatto prima. Sappiate però che l’ordine con cui vengono scritti i kanji non è casuale, ma segue delle regole particolari. Per farla breve cominciamo col dire che se ci sono due “disegnini”, come in questo caso, che formano il kanji, si scrive prima quello di sinistra e poi, terminato questo, quello di destra. Inoltre nella scrittura di un kanji i tratti vanno segnati partendo da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso. E se c’è un kanji con un “disegno” che ne contiene un altro, viene prima fatto il carattere esterno, ma lasciando un ultimo tratto, poi quello interno, ed infine realizzato l’ultimo tratto di chiusura del kanji. Ma ciancio alle chiacchiere, aiutiamoci con internet e vediamo come costruire questo kanji:
Bene. Per oggi è tutto. Sò che questa lezione è stata un pò pesante, quindi la prossima uscirà dopo che avrete avuto il tempo di assorbire tutte queste nuove nozioni, quindi direi fra un paio di mesi, ok? Arf, arf, arf...che simpatico...ehi? Non ve ne andate! Non mi lasciate solo...alla prossima.